1944 – 1 marzo: sciopero generale

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1/3/1944: sciopero generale

Lo sciopero generale del marzo 1944 è una tappa importante nella storia della Resistenza.  Concepito come una grandiosa operazione strategica da far scoppiare alla stessa data in ogni città dell’Italia settentrionale, lo sciopero si propone non soltanto di ottenere migliori condizioni economiche per la classe operaia, ma di arrivare ben più a fondo nella lotta contro il nazifascismo, far cessare le deportazioni della mano d'opera in Germania, impedire lo smontaggio dei macchinari iniziato già in alcuni centri industriali, far sospendere o ridurre al minimo la produzione di guerra. Sfida aperta alle forze nazifasciste (è la prima volta che una cosa simile accade nell'Europa occupata dai tedeschi), l'iniziativa ha bisogno del coordinamento di tutte le forze della Resistenza per poter riuscire e lo stesso CLNAI se ne assume la responsabilità, attivando un'opera di preparazione diramata sino ai centri minori della periferia. Nell’Italia centrosettentrionale oltre un milione di operai incrociano le braccia. Assalti di militi fascisti, arresti e deportazioni non impediscono ai 150.000 scioperanti di Torino di restare in sciopero per otto giorni.

In Val Sangone le disposizioni del CLNAI arrivavano tramite Ugo Campagna e il CLN di Giaveno: ì partigiani della vallata devono collaborare alla riuscita dello sciopero bloccando il trenino della Satti e le autocorriere addette al trasporto dei pendolari.

Ricorda Guido Teppati: “Campagna ci aveva portato gli ordini da Torino e noi abbiamo convocato i comandanti per accordarci. Il nostro CLN era agli esordi, quella è stata una verifica di efficienza.  Abbiamo spiegato dello sciopero, del suo carattere politico, della necessità che la Resistenza "militare" desse il suo appoggio.  Si trattava di un'azione particolare, che richiedeva meno coraggio di tante altre, ma maggiore coscienza politica.  Lo sciopero era praticamente una cosa nuova: quelli della primavera 1943 li avevano fatti in pochi in vallata e quelli dell'inverno 1943-44 erano stati più limitati e politicamente li avevano gestiti i comunisti quasi da soli.  Insomma, si trattava di mettere i partigiani a confronto con una prova impegnativa sul piano ideologico: e si trattava anche di vedere quanto noi, i cosiddetti politici, potevamo effettivamente dirigere la lotta, potevamo effettivamente contare”.

La risposta dei comandanti partigiani è di adesione convinta: lo sciopero è contro i loro nemici, porta del danno all'occupazione tedesca, è una dimostrazione della volontà del popolo italiano di liberarsi e dunque li trova d'accordo.

Nella notte i partigiani scendono in massa a Coazze e a Giaveno, bloccando le vie d'accesso e impedendo il transito dei mezzi pubblici: contemporaneamente, occupano il centralino telefonico di Giaveno per controllare le comunicazioni.  Squadre volanti tengono i contatti fra i diversi posti di blocco e i comandi, sistemati nelle piazze della chiesa parrocchiale dei due paesi, mentre alcune pattuglie si spingono in avanscoperta verso la pianura per sorvegliare eventuali movimenti di truppe tedesche o repubblicane.  Lo stato d'occupazione dura tre giorni, come segnalano i dispacci della GNR:

“decorsa notte 4 marzo partigiani si sono allontanati da Giaveno per ignota destinazione, dopo tre giorni occupazione centro abitato con circa 300 uomini.  Bloccate vie d'accesso quel comune et impedito transito tramvia”.

L'azione ha pieno successo: il blocco delle strade e degli automezzi non solo impedsce l'avvio al lavoro dei pendolari dell'alta valle (bloccato il trenino, bloccate le corriere di Martoglio, oltre Giaveno non si scende se non ci sono motivi particolari), ma crea ostacoli anche in bassa valle perché la tramvia non può utilizzare le carrozze ferme a Giaveno.  Le fabbriche della zona rimangono chiuse per quattro giorni, mentre nelle piazze dei paesi compaiono scritte contro la Repubblica di Salò. Sono gli stessi risultati ottenuti nella Valsesia o nella valle d'Aosta, dove la paralisi dell'attività industriale è stata realizzata con l'interruzione delle linee elettriche, o delle valli di Lanzo, dove il blocco dei mezzi di trasporto è stato accompagnato da rapide incursioni nei centri maggiori con cattura di esponenti fascisti.  Alla sua prima prova con un'iniziativa politica, il movimento resistenziale reagissce positivamente, dimostrando capacità di coordinamento con la lotta operaia. La riuscita dello sciopero è motivo di soddisfazione anche per il CLN di Giaveno, che è riuscito ad organizzarlo come era stato deciso a Torino, dimostrando che il movimento è solido, organizzato. Lo sciopero si è quindi tradotto in un momento importante di crescita per le bande e per il Comitato.

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