1944 – 26 giugno: assalto alla polveriera di Sangano

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26 Giugno 1944: assalto alla polveriera di Sangano

Per attaccare il presidio della Polveriera di Sangano. Gli uomini di Sergio De Vitis, concentrati a Piossasco, si muovono poco dopo la mezzanotte del 26 giugno 1944.  Aggirata sotto la pioggia la collina di San Giorgio, la banda si divide in tre squadre, comandate dallo stesso De Vitis, da Luciano Vettore e dal tenente Stefano Maria Nicoletti. All'alba i partigiani sono già appostati a ridosso del camminamento delle sentinelle. Alle sette Sergio ordina l’attacco e dopo un’accesa sparatoria il corpo di guardia si arrende. L’attacco si è concluso in mezz'ora senza nessuna perdita per i partigiani, i tedeschi lasciano diciassette prigionieri (tra cui i quattro feriti), sedici fucili mitragliatori, otto pistole, un autocarro, oltre a numerose casse di munizioni e riserve alimentari.  Il piano, concordato con gli altri comandanti, prevede che la polveriera venga presidiata sino al tramonto, per attirare truppe da Torino ed alleggerire la pressione sugli scioperanti, e poi minata. Sergio De Vitis ordina perciò l'organizzazione di una linea di difesa, con l'appostamento di armi automatiche in direzione dello stradale Giaveno-Orbassano e la dislocazione delle squadre sul costone sovrastante Sangano.  Un gruppo con Pietro Curzel «Vecio» e Carlo Alluminio, nel frattempo, prende in consegna i prigionieri e li porta negli accampamenti del Forno, mentre Giovanni Mariat, alla testa di altri uomini, raccoglie nei depositi della polveriera tutto ciò che può tornare utile. Ai fornelli per il minamento provvede direttamente De Vitis, col tenente Stefano Nicoletti e Luciano Vettore. Dopo una mattinata senza allarmi, trascorsa tra un carico di materiale e l'altro, mentre De Vitis e i suoi procedono al minamento della polveriera, alle 14.00 giunge da Bruino una lunga colonna di autocarri e autoblinde: due o trecento uomini, per la maggior parte tedeschi, scendono dai mezzi e si dispongono ai piedi della collina. Avvertito dell’attacco alla polveriera da un soldato del locale presidio che rientrava da una licenza, il colonnello Von Klass ha fatto affluire le truppe dai comandi di Airasca e Torino.

Il combattimento dura sino al pomeriggio inoltrato. Sparando con tre mitragliatrici piazzate nei punti strategici, gli uomini di De Vitis non si ritirano, per evitare che i tedeschi possano salire troppo presto a Giaveno e prendere gli altri alle spalle, e riescono a bloccare a lungo i tedeschi. Solo verso le 17,00 De Vitis ordina la ritirata verso le Prese di Piossasco.  Mentre il comandante rimane di retroguardia, il grosso della formazione riesce a sganciarsi attraverso la cresta della collina. Quando la pattuglia di De Vitis lascia la polveriera viene intercettata da una pattuglia nemica.  Lo scontro, quasi a corpo a corpo, è furioso: il primo a cadere è Giovanni Impiombato, colpito in fronte; poi Sergio De Vitis, raggiunto da una raffica di mitraglia; quindi, uno dopo l'altro, il tenente Stefano Maria Nicoletti, Mario Bertucci, Massimo De Petris, Giuseppe Vottero, Bruno Bottino, Pantaleone Mongelli.  Teresio Gallo «Tremendo», partigiano di Orbassano, catturato vivo sarà inviato in un campo di concentramento in Germania; i due avieri Giancarlo Bressi e Arrigo Craveìa, che avevano disertato pochi giorni prima dalla base di Airasca, vengono riportati al loro reparto e fucilati; Eugenio Masiero, sfuggito alla cattura ma ferito, cade qualche ora più tardi alle porte di Orbassano.  L'unico a salvarsi è Luciano Vettore, che riesce miracolosamente ad uscire dall'accerchiamento. In pochi minuti la formazione ha perso dodici uomini, tra cui il comandante.

 

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