1944 – 26 giugno: offensiva coordinata

 

mappa 26 giu 44

 

 

 

 

 

 

 

 

 

polveriera

 

 

 

 

 

 

 

avigiana gruppo fassino

 

 

 

L’offensiva coordinata del 26 giugno 1944

Dopo la presa di Roma, il CLNRP promuove un’offensiva coordinata delle formazioni partigiane delle montagne ad ovest di Torino, in appoggio agli scioperi torinesi. “Majorca”, comandante della formazione garibaldina “Felice Cima” contatta Giulio Nicoletta e con incontri successivi, ai quali partecipano anche i commissari politici delle brigate garibaldine della valle di Susa e delegati di Maggiorino Marcellin, il comandante della val Chisone, viene messo a punto un piano coordinato. Mentre le bande della val Chisone e delle valli di Lanzo si impegnano a compiere azioni nei centri principali (Pinerolo, Viù, Castellamonte) per tenere occupate forze nemiche, quelle della val Sangone e della valle di Susa concordano una tattica comune per colpire i punti nevralgici delle rispettive zone: la «Felice Cima» punterà su Rivoli per occupare il presidio del Castello e controllare la linea ferroviaria; la «Carlo Carli» attaccherà il dinamitificio Nobel-Allemandi di Avigliana; la «Walter Fontan» bloccherà la ferrovia a monte di Bussoleno; la formazione di Sergio De Vitis occuperà la polveriera di Sangano; gli altri uomini della Brigata Autonoma Val Sangone, infine, si disporranno nelle retrovie, fra Avigliana e Trana, pronte all'intervento in caso di necessità.  La data fissata è il 26 giugno.

I primi a muoversi, sono gli uomini di Sergio De Vitis che riescono ad occupare la polveriera di Sangano dopo mezz’ora di combattimento, a svuotarla di uomini e materiali e a minarla.

L'azione ha esito diverso in valle dì Susa a Rivoli e ad Avigliana, dove Fassino viene respinto al dinamitificio Nobel-Allemandi e catturato ferito, mentre un treno carico di truppe arriva in stazione.

Le notizie delle difficoltà della «Carlo Carli» arrivavano al grosso della Brigata Autonoma Val Sangone e Giulio Nicoletta decide di scendere su Avigliana: nella tarda mattinata, sotto una pioggia torrenziale, la formazioni si spostano da Giaveno a Montecuneo, sopra il lago Grande:

Preoccupato di proteggersi alle spalle, Nicoletta manda una squadra al comando di Cordero di Pamparato verso Trana per bloccare il ponte sul Sangone ed evitare un eventuale aggiramento.  In questo modo, per la prima volta, tutti i partigiani della vallata sono impegnati in un'azione manovrata:

Ad Avigliana non è però possibile intervenire: i nazifascisti sono numerosi, con autoblinde e carri armati, contro i quali poco possono i partigiani, privi di armi collettive.

  Le formazioni rimangono sulle alture sino al pomeriggio, in attesa di notizie dagli altri fronti della valle: c’è comunque molta perplessità, perché quei convogli dovevano essere bloccati a Rivoli dai garibaldini della valle di Susa.

Il cedimento nella bassa valle, intanto, fa sentire le proprie conseguenze sino a Bussoleno, dove i distaccamenti della «Walter Fontan» sono costretti a ritirarsi.

Alla polveriera di  Sangano un’autocolonna tedesca sorprende gli uomini di De Vitis, che resistono fino a sera prima di ritirarsi lasciando però sul campo dodici uomini e lo stesso comandante.

Mentre a Sangano si combatte, le formazioni di riserva della Brigata Autonoma Val Sangone rimangono attestate sopra i laghi di Avigliana, ignare di quanto accade.

La situazione si sblocca verso le 16,00, quando giunge da Rivoli Brigida Piol, madre di Agostino, uno dei partigiani più determinati della «Carlo Carli»: mandata dal CLN di Rivoli, la donna avverte Giulio Nicoletta che l'azione deve ritenersi conclusa perché la formazione della valle di Susa impegnata a Rivoli non ha potuto dare il contributo previsto.

La brigata si ritira attraverso i boschi di Montecuneo, mentre a Trana il gruppo di “Campana” riesce a fermare l'autocolonna tedesca che, dopo lo scontro della polveriera, cerca di raggiungere Giaveno.

La copertura dalla parte di Avigliana è assicurata da un altro gruppo, comandato da Francesco Caparello «Ciccio» e formato da elementi della «Nino-Carlo»: una ventina di uomini appostati lungo la stradale che costeggia i laghi, in direzione di Giaveno. I reparti tedeschi non tentano però lo sfondamento in quel settore, forse timorosi di penetrare in vallata all’imbrunire o paghi di aver costretto i partigiani a ritirarsi.  Alle 19.00 il ripiegamento è completato e le formazioni rientravano negli accampamenti di montagna, gli ultimi a sganciarsi sono gli uomini di “Campana”, che lasciano Trana solo quando la staffetta comunica che il grosso della brigata è a Giaveno.  La giornata si conclude con un bilancio pesante: più di venti morti, un comandante caduto, un altro ferito e catturato, le formazioni di Fassino e De Vitis disorientate dalle perdite e dalla mancanza di riferimenti. E il giorno dopo si abbatterà su Trana la rappresaglia tedesca, con ostaggi prelevati e scambiati con i prigionieri della polveriera.

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