Forno di Coazze – Ossario dei Caduti

ossario disegno coticoni

ossario vialeL'Ossario dei Caduti di Forno di Coazze è un sacrario eretto subito dopo la guerra dai partigiani sopravvissuti per custodire i resti dei  Caduti della Guerra di Liberazione e venne inaugurato già il 4 novembre 1945. Il Comitato che ha promosso e realizzato i lavori di sistemazione dell'area nel 1988 ha posto questo cippo che lo definisce impropriamente Ossario dei partigiani, perché tra le 98 salme vi sono alcuni civili.

Anche la dicitura Cimitero di Guerra fu un augurio più che una denominazione, perché solo nel 2005 si arrivò a una convenzione tra il Ministero dellla Difesa e il Comune di Coazze, che nel frattempo aveva acquisito il monumento dai promotori privati. 

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ossario cappella esterna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

100_8966 bandiera

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ossario russi pietra

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ossario consiglio valsangone pietra

ossario consiglio valsangone targa

L'Ossario dei Caduti di Forno di Coazze sorge a 1000 metri d’altezza nel cuore dell'Alta Val Sangone, a circa 45 Kilometri da Torino.

La Provinciale che sale a Forno da Giaveno e Coazze corre nel fondovalle per lunghi tratti accanto al torrente Sangone e arriva a Ferria, oggi la borgata più importante di Forno, fatta di poche case strette attorno alla Parrocchiale. La strada prosegue da Ferria oltre il ponte sul Ricciavrè col nome di Via della Resistenza, si lascia sulla sinistra il piccolo cimitero e, dopo una svolta, s'infila nel verde pianoro della Madonnina.

Subito a destra della strada si stacca il viale monumentale che si snoda lastricato fra i cippi commemorativi delle formazioni partigiane e sale all'Ossario dei Partigiani Caduti. Di qui lo sguardo si allarga sulla verde conca frangiata a nord dal tormentato costone roccioso dei Picchi del Pagliaio e chiusa a sud dalla dorsale che dal morbido dosso del Colletto sale alla pietrosa piramide dell'Uia e prosegue sinuosa verso il Colle della Russa, che chiude ad ovest la Val Sangone.

L'Ossario dei Caduti di Forno di Coazze sorse dall'iniziativa e dal contributo di Giuseppe Falzone, vice comandante partigiano della Val Sangone, e degli altri partigiani che vollero immediatamente onorare i compagni caduti, erigendo subito il Sacrario, che venne inaugurato il 4 novembre 1945.

Si profila come un'aquila dalle ali spiegate a racchiudere le tombe dei caduti.

Al centro la cappella rivestita di pietra grigia culmina in un frontone convesso arrotondato che ospita la campanella, sui lati il grigio della pietra è nascosto dai riquadri chiari di 98 lapidi marmoree. Nei loculi riposano le salme raccolte alla "Fossa Comune" e in montagna, portate a valle sui muli dai valligiani. Non sempre le scritte sono complete, in 19 loculi riposano partigiani ignoti.

Salendo qualche gradino si possono varcare le alte porte vetrate, protette da una grata di ferro battuto, e si entra nella cappella. Di fronte l'altare, con la lapide che racchiude le notizie essenziali sull'edificazione e il significato dell'Ossario:

I PARTIGIANI DELLA FORMAZIONE AUTONOMA
«VAL SANGONE»
ERESSERO QUESTA ECCELSA RIDOTTA
IN ONORE E MEMORIA DEI COMPAGNI DI LOTTA
CADUTI PER LA LIBERTÁ
IL CARDINALE M. FOSSATI                                                    COMITATO PROMOTORE
CONSACRAVA IL 4-11-1945                                                COM. G. FALZONE (PARTIGIANO)
PROGETTISTA: ING. E. COTICONI                 C. MAGNONE (PER LE FAMIGLIE DEI CADUTI)
SCULTORE: PROF. U. BAGLIONI                                             NOTAIO G. TEPPATI (LEGALE)

ossario lapide cappella

 

  Sulla lapide vengono ricordati i membri del comitato promotore per la costruzione del sacrario, il progettista e lo scultore che contribuirono alla  sua realizzazione, nonché la sua consacrazione avvenuta il 4 novembre 1945 ad opera del cardinal Maurilio Fossati arcivescovo di Torino.

  Tra i membri del comitato vi sono Giuseppe Falzone, comandante della brigata «Sandro Magnone», Celestina «Cele» Magnone (sorella di Sandro) che si occupò – tra le altre cose – del riconoscimento delle salme dei partigiani caduti. Il notaio Teppati, già membro del CLN giavenese, si occupò invece dell’aspetto legale. Progettista fu l’ingegnere Ermanno Coticoni. La realizzazione dei bassorilievi in terracotta che si trovano all’interno della cappella fu affidata allo scultore Umberto Baglioni.

ossario cappella interna

A causa del maltempo che aveva interrotto le comunicazioni, queste statue parietali, come le lampade in bronzo che illuminano la cappella, le vetrinette con le fotografie in ceramica di 254 Caduti, la Croce di ferro esterna, la campana e tutti i materiali di costruzione dell'Ossario, furono portati a spalle da Sangonetto dai valligiani e dai partigiani superstiti.

Quadri e cimeli più recenti, fra cui spicca la targa in bronzo dono dell'ambasciata Cecoslovacca, completano l'arredo della cappella, tutta rivestita in legno.

100_8973All’esterno, sopra la porta della cappella è inciso un passo in latino tratto dall’Odissea : «Usque ad finem et ultra comites» («Compagni fino alla fine ed oltre»). Ai due lati della cappella sono sistemati i loculi dei novantotto caduti, quarantanove per parte disposti in file di sette, ognuno di loro ricordato da una lapide in marmo. Tra essi settantasei sono italiani, quattro stranieri (due cecoslovacchi, un polacco ed un russo). I caduti ancora ignoti sono diciannove. Sono presenti i resti di tutti i caduti tranne quelli di Enrico Valobra, l’industriale di religione ebraica morto nel campo di prigionia di Gusen I (sottocampo di Mauthausen) il 23 marzo 1945. Al loro posto vi è un sacchetto contenente della terra raccolta nel dopoguerra a Gusen dal figlio di Valobra, Marco.

Accanto all’Ossario sono state posate due targhe: la prima si trova nello spiazzo erboso di fronte all’Ossario. È posizionata su un semicerchio in pietra e dietro di essa vi è un tripode in metallo. Venne posata in occasione del venticinquesimo anniversario della Liberazione, nell’aprile 1970 dal Consiglio Valsangone, l’antenato della Comunità Montana omonima. La seconda si trova accanto alla  parente esterna del sacrario – e venne dedicata dai partigiani italiani a quelli sovietici nel 1985, in occasione del quarantesimo anniversario della Liberazione. È posizionata su un grosso masso, proveniente dal greto del torrente Sangone, su cui è tracciato – con vernice rossa – il motto «Nessuno è dimenticato niente è dimenticato».

  Il contributo dei militari stranieri (in questo caso russi, ma anche cecoslovacchi e polacchi) fu di notevole importanza ed è ricordato anche sul cippo posto al colle Bione.

Lasciando l’Ossario viene istintivo guardare ancora dall'alto la frastagliata cornice dei monti della Val Sangone e la verde conca di Forno, pensare che era giusto dare sepoltura ai Caduti fra le montagne che furono culla di morte per Essi, culla di libertà e di pace per noi tutti.

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