Sacra di San Michele della Chiusa (Sant’Ambrogio) – perquisizione e intimadazioni

sacra s michele nebbia Sacra di San Michele della Chiusa (Sant'Ambrogio)  – perquisizione e intimadazioni

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sacra nuvoloni

 

 

 

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Sacra di San Michele

Questo disegno aiuta a comprendere la complessità architettonica dell'Abbazia Sacra di San Michele 
 

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  L’Abbazia di San Michele della Chiusa è un imponente complesso di edifici che sorge sul monte Pirchiriano a 962 metri d’altitudine, nel territorio di Sant’Ambrogio all’imbocco della Val di Susa. Secondo la tradizione l’eremita Giovanni Vincenzo nel 983 viene coinvolto da Ugo di Montboissier, ricco e nobile alverniate, nella costruzione di un’abbazia, che viene affidata ai benedettini e attraverso varie vicissitudini arriva ai Rosminiani attuali. Alla chiesa primitiva si aggiungono nuovi edifici e rifacimenti fino a delineare il maestoso complesso attuale, che dal 1994 è diventato monumento simbolo del Piemonte.

La violenza della Seconda guerra mondiale non ha risparmiato la Sacra ed i suoi monaci. Il momento più tragico si è avuto il 21 maggio 1944. Dopo una settimana di violenze e scorrerie i rastrellatori tedeschi stavano lasciando la Val Sangone quando il 20 maggio due ufficiali germanici vennero uccisi alla Braida, in località Bonaria, vicino alla borgata Basinatto.

La ritorsione tedesca fu terribile.  In poche ore oltre trecento persone vennero raccolte al Colle della Braida e poi condotte a piedi ad Avigliana. Solo alle 18.00 la lunga processione degli ostaggi rientrò a Giaveno, dopo aver subito sadiche intimidazioni (raffiche in aria e frustate) dal colonnello Nerek. L’atto dimostrativo finale fu poi la fucilazione di quarantuno partigiani, fatti giungere in valle dalle carceri Nuove di Torino dove erano detenuti.

 Anche la Sacra di San Michele, per la vicinanza al luogo dell’uccisione dei tedeschi, venne coinvolta. Disponiamo in proposito di un importante documento. Il rastrellamento avvenne il 21  maggio. Pochi giorni dopo, padre Alotto, spinto anche dalla pubblicazione sulla "Stampa" e sulla "Gazzetta del Popolo" di due articoli che accusavano i padri di avere nascosto delle armi per i ribelli, incaricò due novizi, Antonio Riboldi e Giovanni Lever, di raccontare in modo veridico i fatti in una sorta di supplemento del "Diario" da tenere accuratamente segreto. Questo testo è un fascicoletto dattiloscritto che si trova oggi conservato insieme con il "Diario della Casa" ed è stato di recente pubblicato nel libro su padre Alotto. Subito dopo l'uccisione dei due ufficiali, dunque, i tedeschi salirono una prima volta alla Sacra per sapere se i padri fossero stati testimoni di qualcosa. Non ci fu una perquisizione vera e propria. Ma per i padri fu una dura prova, anche perché nascondevano un ebreo ed un renitente alla leva.

Il giorno successivo, i tedeschi tornarono nella zona e, a sera, spararono una raffica di mitra sulle mura della Sacra. Poi, il 21 maggio, una domenica, penetrarono nel monastero per perquisirlo davvero a fondo. 

I padri rosminiani rischiarono veramente la vita per salvare i due rifugiati. I tedeschi, infatti, non trovarono nessuno, ma, come convinti di aver subito uno smacco, finirono con l'ingigantire la portata di qualche materiale bellico (in realtà vecchi ed inservibili cimeli) per coinvolgere comunque il monastero nella repressione. I padri vennero così condotti sulla piazzetta della vicina borgata di San Pietro e, insieme con quattro civili fermati a caso, messi al muro per la fucilazione. Rimasero così sospesi, fra la vita e la morte, per due interminabili ore. Ad un certo punto, il comandante tedesco prese in disparte padre Alotto e, dopo circa dieci minuti di vivace colloquio, comunicò che potevano rientrare in convento, ma che la borgata sarebbe stata bombardata. E venne rasa al suolo.

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