Cordero di Pamparato Felice “Campana”

Cordero di Pamparato - Campana

53- F.Cordero di Pamparato Roburent

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

palazzo campana targa

Cordero di Pamparato Felice ("Campana") Medaglia d'Oro al Valor Militare

(Torino,1919 -1944)

E' una delle figure di maggior rilievo della Resistenza in Val Sangone.

Il Pamparato è un marchese la cui formazione culturale e militare ricalca il percorso classico dell'aristocrazia piemontese e sabauda.

Aveva studiato al Real Collegio di Moncalieri, quindi aveva frequentato l'Accademia di Artiglieria e la Scuola di applicazione. Ufficiale di artiglieria in servizio permanente effettivo, nel 1943, col grado di tenente, era stato inviato in Sicilia ed impiegato in prima linea contro le forze statunitensi del generale Patton. In agosto era tornato al nord, aggregato al XV Corpo d'Armata, ed era stato assegnato alla zona ligure. Dopo l'8 settembre, si era rifugiato in Svizzera, ma, all'inizio del 1944, era rientrato in Italia, spinto da un profondo lealismo monarchico che gli derivava anche dall'educazione familiare e dalla cultura d'accademia militare.

La scelta della Val Sangone nasce da legami parentali: il marchese aveva infatti sposato Luciana Rivoira, figlia di un noto avvocato sfollato a Coazze. La sua militanza partigiana inizia già nel mese di febbraio 1944, nella banda di Criscuolo e Asteggiano ("Nino Carlo"), con il nome di battaglia di "Campana". Dalla primavera all'agosto di quell'anno, comanda una banda partigiana (la Banda "Campana", poi Brigata "Campana"). Il Pamparato dimostra coraggio e mette al servizio della Resistenza le sue notevoli competenze militari. I suoi accesi sentimenti monarchici suscitano rispetto per la profonda coerenza dell'uomo, ma la sua presenza non orienta comunque in senso monarchico la Resistenza valligiana.

Nel corso di un rastrellamento dell'agosto 1944, avviene la cattura di "Campana", con l'inganno, per opera delle brigate nere presso la borgata giavenese del Mollar dei Franchi. Viene interrogato per due giorni a Giaveno, fra lusinghe e minacce, ma si dimostra irremovibile. I fascisti lo impiccano la sera del 17 agosto 1944, con altri tre compagni, al balcone di una casa privata presso l'allora Albergo Centrale in piazza della stazione (oggi Viale Regina Elena).

Due brigate partigiane assumeranno il nome di "Campana". Alla liberazione di Torino, il 28 aprile 1945, il professor Guido Usseglio, comandante della Brigata GL "Campana", prendendo possesso della Casa Littoria di Piazza Carlo Alberto, la ribattezzerà "Palazzo Campana".

Alla memoria del marchese Felice Cordero di Pamparato verrà assegnata la medaglia d'oro, con la seguente motivazione:

CORDERO DI PAMPARATO Felice

Medaglia d'oro al valor militare

Tenente in s.p.e. – Artiglieria – Partigiano combattente

Torino (TO)

Ufficiale in servizio permanente effettivo, subito dopo l’armistizio entrava nelle file partigiane guadagnandosi, con ripetuti atti di valore, la stima e la fiducia dei compagni di lotta e la nomina a comandante di Brigata. Ricercato e combattuto dai nazifascisti, che temevano l’aggressività combattiva del suo reparto, cadeva dopo giorni di lotta nelle mani del nemico assai superiore per numero e mezzi. All’offerta di passare nelle file fasciste rispondeva sdegnosamente: « A nobile, si confanno soltanto cose nobili ». Affermava di avere combattuto perché fedele soldato del Re e di preferire la morte piuttosto che rinnegare i suoi partigiani. Condannato a morte, affrontava fieramente il capestro, raggiungendo la schiera dei martiri della Patria. Giaveno, 17 agosto 1944.

 

 

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