1943 – 23 settembre: primo rastrellamento, prime vittime

 

guglielmino maurizio 1a vittima al Colletto del Forno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il pittore Maurizio Guglielmino al Colletto,

sotto Evelina Ostorero, la seconda vittima.

169- Ostorero Evelina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

23/9/ 1943 – Primo rastrellamento, prime vittime

Il 19 settembre, provenienti dalla base di Airasca, giungono a Giaveno i primi tedeschi: sei SS, comandati da un giovane sottufficiale, che ordinano al podestà Zanolli di far affiggere un manifesto del comando germanico in cui si minaccia la fucilazione di dieci civili presi a caso per ogni soldato tedesco ucciso. Alle intimidazioni del testo, le sei SS associano l'arroganza del comportamento, circolando per il paese sino a tarda ora con i mitra ostentatamente tracolla: solo dopo la mezzanotte si ritirano andando a dormire nei locali della scuola elementare.

A poco più di una settimana dall'8 settembre, le forze d'occupazione tedesche prendono quindi l'iniziativa per far sentire il peso della propria presenza e per eliminare i primi nuclei di ribellismo: non a caso in quello stesso 19 settembre nel Cuneese, un'autocolonna di fanteria, appoggiata dai carri armati, muoveva contro il gruppo partigiano di Boves, incendiando il paese e uccidendo ventiquattro civili, tra cui il parroco.

Durante la notte, però, i manifesti di Giaveno vengono stracciati e gettati nel mezzo della strada, mentre in Via Roma, nel centro del paese, compaiono scritte ingiuriose contro i tedeschi. Nella tarda serata, inoltre, due dei sei tedeschi sono oggetto di una fitta sassaiola mentre circolano su un'automobile requisita ai fratelli Barone.

Il podestà Zanolli, stretto fra le minacce tedesche e l'ostilità della popolazione verso gli occupanti, inizia una difficile opera di equilibrismo politico (che continuerà per tutti i venti mesi di lotta resistenziale), facendo stampare un manifesto di invito alla calma e cancellando le scritte ingiuriose.

La buona volontà di Zanolli non basta a persuadere il comando tedesco, ormai convinto della necessità di un'azione di forza nella vallata.  L'afflusso di sbandati nella zona è noto, le insofferenze della popolazione di Giaveno hanno inoltre dimostrato di quali appoggi le bande possano fruire. I primi ad intuire l'imminenza del pericolo sono gli ufficiali superiori del disciolto esercito regio che non hanno scelto la montagna ma l'ospitalità dello Zanolli: il tenente colonnello Leporati si allontana con un falso documento d'identità rilasciato dal comune, il colonnello Valentini ottiene una licenza di negoziante in granaglie, il capitano medico Quadrelli è assunto dall'ospedale, di cui è direttore lo stesso podestà.

Il 23 settembre, alle 5,30, transita in Giaveno una lunga autocolonna tedesca in azione di rastrellamento.  Come qualche giorno prima a Boves, il reparto è appoggiato da mezzi corazzati.

La colonna si dirige verso Coazze: giunta al bivio del Sangonetto si divide in due gruppi, proseguendo verso il Forno e verso l’Indiritto. I tedeschi operano con grande dispiegamento di mezzi e avanzano con cautela.  Alcuni civili vengono prelevati dalle abitazioni e fatti camminare alla testa delle pattuglie. I due carri armati che i tenenti Cantelli e Bertolani avevano portato in vallata e nascosto lungo il Sangone sono facilmente individuati e disattivati, rimarranno a lungo nel greto del torrente ad arrugginire. I partigiani del maggiore Milano, poco più di un'ottantina di uomini ancora privi di organizzazione, si trovano nella zona del Molé, a ridosso del Forno.  Le colonne tedesche vanno a caso, un interprete chiede dove sono gli sbandati, ma la gente dà risposte evasive    ed i rastrellatori finiscono per risalire invece il versante opposto, raggiungendo il Colletto del Forno.

Sul colle la colonna fa la prima vittima della Resistenza in vallata: Maurizio Guglielmino, un pittore giavenese che possiede un piccolo villino di montagna vicino alle baite dell'alpeggio, viene ucciso a colpi di mitra.

 Sull'episodio c’è solo la testimonianza indiretta del Podestà Zanolli:

alle 19.00 sono chiamato in caserma, dove il maresciallo mi presenta un ufficiale tedesco.  Attraverso l'interprete mi dice di aver fucilato uno al Colletto di Forno perché l'aveva visto far segno d'intesa con i ribelli.  Dice anche che vicino all'uomo c'era un mulo carico di merce per i ribelli.

La versione tedesca è improbabile: nel momento del rastrellamento i partigiani si trovavano in un'altra zona della vallata e se qualcuno fosse stato al Colletto avrebbe avuto il tempo per accorgersi dei soldati che salivano allo scoperto e mettersi al sicuro.  Più verosimilmente, il Guglielmino era stato ucciso perché, all'arrivo dei tedeschi, aveva ingenuamente fatto qualche gesto sospetto, forse rifugiandosi in casa o alzando un braccio.  La logica del rastrellamento era quella dell’intimidazione e qualche raffica di mitra era comunque necessaria.

Nel pomeriggio inizia a scendere la nebbia e i tedeschi decidono di rientrare, ma giunti al Forno sparano ancora: una ragazza diciottenne, Evelina Ostorero, impaurita dalla presenza dei militari, si mette a correre verso la borgata. È sorda e non può intendere l’ordine di fermarsi, viene abbattuta da una raffica. È la seconda vittima civile in poche ore.

Prima di lasciare la vallata, il comando tedesco ordina al podestà di far stampare e affiggere altri due manifesti: nel primo si annuncia che “oggi alle 15 in località Colletto di Forno venne fucilato Maurizio Guglielmino per aver fatto segni di intelligenza con i ribelli della montagna”; nel secondo si avverte che “chi verrà sorpreso vestito con indumenti militari sarà soggetto alla legge marziale”.

L’uccisione di due civili, l'insistenza nell'affissione di manifesti intimidatori e la partenza la sera stessa pur non essendosi scontrati con i ribelli, dimostrano che il vero obiettivo dei rastrellatori è la popolazione, di fronte alla quale il comando germanico vuole esibire il suo apparato di forza e di minaccia.  Se ci fossero stati dei civili disposti a collaborare, l'esito della giornata sarebbe stato diverso e il gruppo del maggiore Milano, ancora disordinato e accampato al Ciargiùr con poche armi, non avrebbe superato la prova senza danni. E’ perciò verosimile sostenere che la morte del Guglielmino e quella della Ostorero siano casuali nella scelta delle persone, ma rispondano alla logica del terrore con la quale i tedeschi cercano di isolare i nuclei partigiani dai civili.  In questo senso il rastrellamento in Val Sangone del 23 settembre, come il più drammatico episodio di Boves di quattro giorni prima, dimostrano la natura della dominazione nazista, “la cui brutalità – ha osservato lo storico Battaglia – non nasceva come reazione al movimento partigiano già maturo e minaccioso, ma contrassegnava le azioni di rappresaglia sin dall'inizio".

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